Il Bel Paese

Roghudi Vecchio – Il fantasma dell’Aspromonte ionico

Roghudi Vecchio è tra i borghi più inaccessibili della Calabria. Per raggiungerlo è necessario percorrere una strada stretta e tortuosa che si snoda lungo i fianchi delle montagne dell’Aspromonte ionico, per alcuni tratti non asfaltata.

Roghudi Vecchio appartiene alla categoria dei paesi fantasma, l’ennesimo visitato qui in Calabria, così come Africo Vecchio e Casalinuovo, Ferruzzano Superiore, Brancaleone Vetus e Bruzzano Zeffirio.

La visita di questi borghi rappresenta per me una forma di turismo dal fascino ineffabile, che apprezzo sempre di più col passare del tempo.

Roghudi Vecchio, l’abbandono del borgo

Ciò che maggiormente mi colpisce di questo borgo antico è la sua posizione che l’ha reso in passato una “fortezza” inespugnabile. È costruito su uno sperone di roccia che si tuffa nella Fiumara Amendolea, la più imponente della provincia di Reggio di Calabria (guarda il video del National Geographic).

La osservo; il letto è vasto, ma il corso d’acqua che scorre al suo interno è solo un ruscelletto paragonabile al rigagnolo che si forma da una fontana.

Accanto a questa immagine, un’altra viene a farsi spazio nella mia mente. È quella relativa alle alluvioni degli anni 1971 e 1973 che hanno interessato il territorio. Immagino eventi catastrofici. Piogge torrenziali che ingrossano fino all’inverosimile l’alveo della fiumara rendendo le acque dell’Amendola tumultuose, con una forza tale da erodere la fortezza di Roghudi Vecchio provocando frane e smottamenti.

Piogge torrenziali che decretarono l’abbandono del borgo antico. Quasi tutti gli abitanti lasciarono il villaggio, gettandosi alle spalle una storia millenaria, di origine greca.

La popolazione di Roghudi Vecchio fu così distribuita nei paesi limitrofi in attesa che venisse edificato il nuovo paese (Roghudi Nuovo), in prossimità della costa ionica.

Roghudi Vecchio, il paese fantasma

Oggi, le vecchie abitazioni sono diventate dimora di capre che girovagano indisturbate tra i vicoli del borgo antico. Ma anche paradiso indiscusso di moltissime rondini.

Col passare del tempo la vegetazione si sta riprendendo parte del borgo, rendendolo ancora più affascinante.

Le abitazioni sono tutte accessibili, ma occorre fare attenzione a dove si mettono i piedi perché i solai potrebbero cedere con il peso del corpo.

Scovo all’interno di una casa un forno a legna ancora in buone condizioni che sembra essere pronto per ospitare il pane in cottura. È presente persino una cesta in vimini utile a trasportare il pane caldo appena sfornato.

Ecco l’abitazione di Leo Pangallo, l’ultimo abitante di Roghudi Vecchio che ha vissuto qui fino al 2013 nonostante l’ordine di evacuazione. La caffettiera sulla cucina, un bicchiere sulla tavola, la sedia con sopra appoggiato un giacchetto, una coperta sul letto. Tutto sembra essere stato lasciato al suo posto, in segno di rispetto per l’ultimo eroe di Roghudi Vecchio.

Un segnale di resistenza all’abbandono e all’oblio è rappresentato dalla chiesa del borgo, in parte ristrutturata.

Nella piazzetta antistante un tavolo con alcune sedie poste sotto un pergolato di uva dolcissima sembra offrire accoglienza e riparo al visitatore. Anche la fontana presente in questa piazzetta rappresenta una forma di vita del borgo.

Rocca del Drako Calabria
Rocca del Drako

Rocca del Drako

A poca distanza da Roghudi Vecchio si trova un’interessante formazione rocciosa: la Rocca del Drako (Drako in lingua ellenistica vuol dire occhio) solitaria, suggestiva e misteriosa.

La Rocca del Drako è una roccia che spicca dal brullo paesaggio dell’Aspromonte ionico. Ha la forma di una grande testa con un collo grinzoso e con cerchi intagliati che sembrano occhi. Ma occhi disegnati da chi?

La sua origine è avvolta da mistero. Origini naturali o antropiche? Gli abitanti del vicino borgo di Ghorio di Roghudi raccontano di un gigante dalla forza erculea che dimorava presso la Rocca per custodire un tesoro inestimabile portato qui dai briganti. Ma molte sono le leggende nate intorno a questo sito.

Quello che è certo è che la sacralità del luogo è stata percepita fin dall’antichità. Infatti, le antiche popolazioni che hanno vissuto in questi luoghi hanno fatto di questa roccia un luogo di culto.

Ad osservarla bene, la roccia mi ricorda E.T. l’extra-terrestre, l’alieno proveniente dallo spazio simbolo del cinema di Steven Spielberg. Un piccolo alieno rugoso, dalla testa grande e grandi occhi.

A poca distanza dalla Rocca del Drako si trovano le Caldaie del latte, un’altra bizzarra formazione rocciosa. Anche in questo caso, l’acqua e il vento hanno levigato la roccia donandole un aspetto che richiama le antiche pentole utilizzate per bollire il latte.

Nato ad Aosta, cresciuto a Livorno, maturato a Roma, adottato dalla Calabria. Blogger per hobby, ho quattro grandi passioni: i viaggi, le motociclette, le immersioni subacquee e i cani di razza boxer. Spesso le combino tra loro come gli ingredienti di un piatto gourmet. Ho viaggiato attraverso cinque continenti Europa, Asia, Africa, America e Oceania cercando (senza riuscirci) di curare la sindrome di wanderlust.

6 Comments

  1. Spettacolo, ce lo avevano segnalato prima di partire Roghudi, ma per questioni di tempo non siamo riusciti a visitarlo. Sarà l’ottima scusa per tornare in Calabria e dedicare più tempo alla costa sud.
    Complimenti come sempre, anche per le foto magnifiche! 😉

    • Per questa escursione serve una seconda visita in Calabria. Un nuovo tour per la scoperta della parte più intima del territorio. Pensa, io l’ho visitato dopo 30 anni di viaggi in questi luoghi. Grazie Alessandro 🙏

  2. il forno intatto è una meraviglia, magia, mistero e fascino inquietante di questi antichi paesi ormani persi nel tempo, gran bel post, ciauuuu

  3. Un racconto affascinante accompagnato da immagini altrettanto affascinanti. Ho immaginato gli abitanti di quella casa seduti in cucina a raccontarsi di leggende e di briganti. L’insegna del telegrafo è una cosa veramente incredibile, un vero “zompo” indietro di quasi due secoli. E quel calendario, e l’orologio sulla macchina del gas! Tutto fermo, ma ancora vivo! La roccia invece mi ricorda l’occhio di Sauron… ce ne vorrebbe uno in ogni borgo fantasma per scoraggiare i vandali che con la scusa dell’urbex depredano, rivoltano e lasciano quelle odiose scritte ovunque. Per fortuna gioielli come questi ancora resistono intatti!
    E niente, ormai siamo persi Fausto, siamo caduti nel vortice dell’oblio 😀

    • Grazie Daniela; in effetti, questo filone si sta arricchendo sempre più delle storie straordinarie di questi Borghi sospesi nel tempo. Come avrai notato, ognuno ha un proprio carattere anche se accomunati dalle medesime vicende storiche. Entrare nella casa dell’ultimo abitante è un’esperienza che oltrepassa la dimensione della realtà; ciò che vedi ti riporta ai momenti vissuti dal sig. Pangallo e al suo amore per questo luogo. Per fortuna i borghi calabri che ho visitato non conoscono le scellerate gesta vandaliche; alcuni sono peraltro interessati da opere di riqualificazione che regalano loro una seconda opportunità 🤗

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